TGR al Centro Residenziale di via Fiesole
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Una mattina di festa: riaperti i centri diurni per disabili gestiti da Anffas

Dopo più di quattro mesi con i cancelli chiusi, stamattina sono finalmente riaperti i centri diurni per disabili gestiti da Anffas Torino, associazione di riferimento per le persone con disabilità intellettiva e le loro famiglie, in via Fiesole (dove c’è anche il centro residenziale) e in via De Santis.

La riapertura è avvenuta nel pieno rispetto delle normative di sicurezza: dopo l’approvazione del piano operativo da parte del Comune di Torino, l’ASL ha provveduto, in tempi molto rapidi, a sottoporre al tampone tutti gli operatori e gli utenti. La normativa prevede che ogni stanza ospiti al massimo cinque persone tra personale e utenti; con disabili gravi e gravissimi, il rapporto non può che essere di due operatori per tre utenti (mentre normalmente, in spazi comuni, il rapporto è di un operatore per tre utenti). Nel caso specifico dei CDD gestiti da Anffas, in via Fiesole ci sono 21 persone accreditate ma solo tre stanze, per quanto grandi, quindi possono rientrare al massimo 9 utenti al giorno; in via De Santis invece sono accreditati 14 utenti e le stanze sono cinque, per cui possono rientrare tutti gli utenti, ma si crea un problema di personale.

Questa mattina, in via Fiesole, c’erano anche le telecamere della RAI a riprendere la ripresa delle attività. A partire dalle ore 9 sono arrivati sette utenti, in un clima di entusiasmo collettivo: ragazzi, ragazze e operatori non vedevano l’ora di potersi rivedere (ma non ancora riabbracciare, perché le distanze di sicurezza vanno comunque mantenute).

“Quattro mesi sono lunghi – commenta Giancarlo D’Errico – le famiglie sono contente perché vedono una risposta tangibile alle loro necessità. Riapriamo nel rispetto delle regole di protezione dal virus, che sono quelle definite dal protocollo nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità, da noi modulate al servizio. Altre regole derivano dalle risorse disponibili: non tutti potranno frequentare il centro contemporaneamente, bisognerà fare dei turni, ma per i mesi di luglio e agosto riusciremo a garantire la quasi totalità delle richieste”.

Poi il presidente Anffas Torino guarda al futuro: “Mi aspetto che questo mese e mezzo serva per sperimentare nuovi modelli operativi. Mi auguro che possano essere rese disponibili risorse aggiuntive, perché quelle a disposizione sono esaurite dalla nuova organizzazione, dai dispositivi di protezione personale, dal nuovo modello dei trasporti. Non sarà facile, ma non potrà esserci un abbassamento del servizio, altrimenti torniamo indietro di 20 anni rispetto al modello Torino e Piemonte di assistenza delle persone con disabilità. Ci aspettiamo che tutti facciano la loro parte: noi faremo la nostra, anche ci aspettiamo lo stesso impegno fin qui dimostrato da parte di Comune e Regione”.

 

Ospiti e Infermiere Centro residenziale
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Lunedì riaprono i centro diurni gestiti da Anffas Torino

A partire da lunedì 20 luglio, Anffas Torino – associazione di riferimento per le persone con disabilità intellettiva e le loro famiglie – è pronta a riaprire i centri diurni per disabili (chiusi con il decreto Cura Italia del 16 marzo) che gestisce direttamente, in via Fiesole (dove c’è anche il centro residenziale) e in via De Santis. Il Comune di Torino ha approvato il piano per la riapertura, stilato da Anffas Torino in base alle indicazioni del “Piano territoriale regionale per la riattivazione delle strutture semiresidenziali e delle attività educative territoriali/domiciliari per persone con disabilità e minori con problematiche psico-socio-relazionali” della Regione Piemonte.

La riapertura dei CDD è una priorità sostenuta con forza da Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino: “Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, il peso della gestione delle persone con disabilità è stato completamente scaricato sulle famiglie. Ormai la vita pubblica è ritornata alla normalità, deve tornare alla normalità, seppur con le giuste precauzioni e con la dovuta gradualità, anche la vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.

“Lunedì 20 luglio è la prima data utile – continua D’Errico – per riaprire nel pieno rispetto delle normative. La sicurezza viene prima di tutto: l’ASL sta facendo, in tempi congrui e con notevole disponibilità, i tamponi a tutti gli operatori e gli utenti: alcuni lo hanno già fatto, altri sono ancora in attesa di essere chiamati, considerando che non tutti i ragazzi con disabilità sopportano un test invasivo come il tampone, per cui in determinati casi bisognerà ricorrere al test sierologico. Devo dire che la macchina organizzativa sta funzionando bene, anche la commissione allestita dal Comune di Torino per valutare i progetti ha dato il suo benestare nel giro di un paio di giorni”.

La riapertura dei CDD sarà comunque progressiva. La normativa prevede che ogni stanza ospiti al massimo cinque persone tra personale e utenti; con disabili gravi e gravissimi, il rapporto non può che essere di due operatori per tre utenti (mentre normalmente, in spazi comuni, il rapporto è di un operatore per tre utenti). Nel caso specifico dei CDD gestiti da Anffas, in via Fiesole ci sono 21 persone accreditate ma solo tre stanze, per quanto grandi, quindi possono rientrare al massimo 9 utenti al giorno; in via De Santis invece sono accreditati 14 utenti e le stanze sono cinque, per cui possono rientrare tutti gli utenti, ma si crea un problema di personale.

“Intanto riapriamo e diamo sollievo alle famiglie – spiega il presidente Anffas Torino -, tra chi vuole rientrare e ha già i risultati dei tamponi, organizzeremo una rotazione, è l’unica scelta possibile per dare a tutte le famiglie le stesse opportunità. A luglio e agosto, ce la caveremo con i turni, ma per settembre serve un piano preciso e servono le risorse giuste per attuarlo. Su questo aspetto dobbiamo essere chiari: l’obiettivo deve essere quello di ripristinare al cento per cento i servizi attivi prima della pandemia. Non è pensabile sostituire il centro diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie”.

Un altro discorso aperto riguarda i centri residenziali, come quello di via Fiesole: “Ci sono ragazzi che non riabbracciano i loro genitori da quattro mesi, vista l’impossibilità di ricevere visite: abbiamo mandato in ASL un protocollo per regolare le visite dei parenti nel rispetto delle normative di sicurezza, con le mascherine e il distanziamento sociale non sarà il massimo, ma è già qualcosa. Più difficilmente risolvibile è invece il problema delle cosiddette “tregue”, ovvero i ragazzi del residenziale che tornavano a casa per il week end e, al contrario, i ragazzi dei centri diurni che si fermavano per qualche giorno nel residenziale, proprio per alleggerire le famiglie. Con la normativa vigente, al rientro dovrebbero fare il tampone e stare due settimane in isolamento. Sono protocolli ospedalieri, ma nei nostri centri non è possibile applicarli, sia per una questione di spazi che di logica. Adesso che vedranno ragazzi che entrano ed escono nel centro diurno ospitato nella stessa struttura di via Fiesole, come possiamo spiegare a quelli del residenziale che loro invece non possono?”

Aiuto per firmare un foglio
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Riavviare i servizi semiresidenziali diurni, per tutti!

Finalmente, i servizi semiresidenziali per le persone con disabilità del Piemonte (chiusi con il decreto Cura Italia del 16 marzo) possono riaprire: la Regione Piemonte, in data 20 giugno, ha approvato “Il piano territoriale regionale per la riattivazione delle strutture semiresidenziali e delle attività educative territoriali/domiciliari per persone con disabilità e minori con problematiche psico-socio-relazionali”, come previsto dall’ultimo decreto del Presidente del Consiglio.

Clicca qui per il comunicato stampa di Anffas Piemonte

I contenuti sono stati oggetto di confronto tra il Forum del Terzo Settore, in rappresentanza delle associazioni delle persone con disabilità e degli enti erogatori dei servizi, l’Assessorato alla Sanità, l’Assessorato alle Politiche Sociali e l’unità di Crisi. Confronto di cui ringraziamo la Regione, ma sottolineiamo con disappunto e preoccupazione che nel “Piano regionale” non troviamo chiaramente espressi molti aspetti che – in sede di dibattito – avevano trovato valutazioni comuni, che riteniamo fondamentali per proseguire positivamente.

PERIODO SPERIMENTALE

Innanzitutto, con la Regione Piemonte si era concordato, nel mese di maggio, di utilizzare i mesi estivi come “periodo sperimentale” per mettere in campo modelli di servizio flessibili e articolati, per quantificare correttamente l’impatto delle attività di contrasto al virus e capire quanti potrebbero essere i costi superiori e quali le difficoltà organizzative e gestionali.

La decisione di attivare un periodo sperimentale era un passaggio estremamente qualificante della discussione sul futuro dei servizi, che non ritroviamo purtroppo indicato nel Piano, facendone mancare un elemento fondamentale.

Sappiamo che non è questo l’orientamento della Regione, ma dobbiamo vigilare con attenzione affinché non passi un concetto molto pericoloso: se le famiglie sono state in grado di autogestirsi fino ad ora (e sono in grado di “sopportare” livelli di servizio inferiori a prima e comunque inadeguati ai loro bisogni), saranno in grado di autogestirsi anche per il futuro, fino a stabilizzare una situazione che permette un importante risparmio ai bilanci comunali e regionali, fortemente compromessi dalla gestione dell’emergenza Covid-19.

Dal nostro punto di vista, è chiaro che il sistema applicato in questa fase non può essere che provvisorio e deve finire il più presto possibile. Anzi, anche la fase sperimentale ha senso solo nella prospettiva di ripristinare al cento per cento i servizi garantiti prima della pandemia, a partire da settembre.

APERTURA IN SICUREZZA

Tutti noi abbiamo bisogno che il servizio riprenda immediatamente, ma è altrettanto importante che il servizio riprenda in piena sicurezza. È quindi necessario che vengano fatti i tamponi a tutti, utenti e operatori, come dice il Piano, che però non dà indicazioni sui tempi. Noi temiamo che, dovendo fare questa operazione per un numero molto alto di persone, senza un meccanismo chiaro e certo, i tempi si allungheranno in maniera inaccettabile: bisogna stabilire una tabella di marcia e una linea temporale oltre la quale non è possibile andare, anche perché – nel migliore dei casi – i CDD non apriranno prima della metà di luglio.

APERTURA GRADUALE E SCAGLIONATA

Le indicazioni per la prevenzione alla diffusione del contagio impongono regole stringenti su spazio pro-capite, composizione dei gruppi di persone, modalità di trasporto, sanificazione degli ambienti e misure di protezione individuale, con un aggravio dei costi sia per i materiali che per il personale.

Di conseguenza, sarà necessario riaprire in maniera scaglionata e graduale, probabilmente con frequenze part-time e con l’utilizzo di altri supporti per le famiglie. Bisognerà quindi scegliere quali priorità applicare e indicare chi, come e quando avrà riattivato il servizio. Non è pensabile sostituire il centro diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie

Il “Piano” indica l’Ente erogatore del servizio come soggetto che riadatta il progetto individuale e lo invia all’ASL o all’Ente gestore dei Servizi socio-assistenziali (Consorzio, Comune); questo non è accettabile. Noi riteniamo che tale scelta debba essere operata congiuntamente da famiglia, Commissione UMVD ed Ente Erogatore del servizio, per fare sì che tutte le informazioni siano disponibili e che i bisogni e i diritti delle persone con disabilità siano garantiti e correttamente considerati.

MANTENERE LA SICUREZZA NEL TEMPO

Dopo l’apertura, è previsto un piano di monitoraggio costante, a cadenza programmata, per essere sicuri che non ci siano ritorni del contagio. Anche in questo caso, le indicazioni sono un po’ troppo generali e quindi temiamo che non sia così semplice da organizzare, nella pratica.

CONCLUSIONI

Riteniamo assolutamente necessaria una fase urgente di ridefinizione di bisogni e servizi, altrimenti la fase 2 sarà un altro disastro, come già è stata la fase 1. Lo diciamo senza giri di parole, perché è chiaro che non si tratterà di un ritorno alla “normalità” pre-coronavirus – che comunque era ben lontana dalla perfezione – e ancora per lunghi mesi dovremo convivere con una situazione di emergenza.

Ribadiamo che è impensabile che il peso di questa emergenza continui a ricadere così profondamente, talvolta interamente, sulle famiglie: quello che è successo negli ultimi mesi non può essere sostenibile a lungo termine. Non possiamo permettere che qualcuno pensi ad uno scambio di qualche euro alle famiglie a fronte della rinuncia ai servizi, tanto più ora che le famiglie potrebbero risentire grandemente della crisi che si prospetta.

Lo ripetiamo forte e chiaro: nessun taglio ai servizi è accettabile, le famiglie non possono essere lasciate sole.

Le crisi più profonde, come quella che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, possono essere l’occasione per ripensare ai modelli e migliorarli: dobbiamo cogliere questa occasione per procedere alla riforma e all’aggiornamento dei servizi: basta standardizzazione, le associazioni di rappresentanza devono coprogettare con le istituzioni percorsi e servizi che puntino sull’aumento e alla stabilizzazione delle “abilità” di ciascuna persona. Senza dimenticare tematiche fondamentali come il “durante e dopo di noi” e la costruzione di “progetti di vita indipendente”, che devono essere potenziati su tutto il territorio, anche in osservanza del dettato della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che, è sempre bene ricordarlo, è legge dello Stato italiano dal 2009.

Giancarlo D'Errico intervistato da Chiara Pottini
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Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino, in diretta sul Tgr Piemonte

Argomento dell’intervista: la riapertura dei centri diurni per le persone con disabilità intellettiva

Giancarlo D'Errico
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Riaprono i centro diurni per persone con disabilità: meglio tardi che mai

Giancarlo D’Errico, presidente di Anffas Torino: “I problemi rimangono gravi, non abbassiamo la guardia. Subito test sierologici per utenti e operatori e risorse per sostenere gli enti erogatori e le famiglie. La riapertura sarà graduale, ma entro settembre i servizi devono essere ripristinati al cento per cento”

 

Meglio tardi che mai: la Regione Piemonte ha approvato “Il piano territoriale regionale per la riattivazione delle strutture semiresidenziali e delle attività educative territoriali/domiciliari per persone con disabilità e minori con problematiche psico-socio-relazionali”.

La riapertura dei centri diurni per disabili (CDD), che erano stati chiusi con il decreto Cura Italia del 16 marzo, è una battaglia che Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino, ha portato avanti con grande forza nelle ultime settimane: “Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, il peso della gestione delle persone con disabilità è stato completamente scaricato sulle famiglie, situazione che non è più sostenibile. Ormai le persone sono tornate a lavorare e la vita pubblica sta riprendendo il suo corso normale: bar e ristoranti sono pieni, i bambini vanno ai centri estivi, si gioca a calcio e si festeggia senza alcun timore. Ora, finalmente, le nostre richieste sono state ascoltate e riaprono i centri diurni per disabili. In un paese che vuole dirsi civile, il pallone non può contare più della disabilità, come purtroppo succede”.

La sicurezza viene prima di tutto: “Bisogna fare i test sierologici a tutti gli utenti e gli operatori, che saranno a carico delle ASL: va bene, ma bisogna agire rapidamente, altrimenti si slitta a settembre” spiega D’Errico.

La riapertura dei CDD sarà comunque progressiva. Secondo le previsioni di Anffas Torino, che gestisce due CDD, nella prima fase sarà possibile accogliere fisicamente al massimo il 50 per cento degli utenti precedenti, a causa dei vincoli e dei costi per la sicurezza. Questo significa, da un lato, che molte delle persone con disabilità intellettiva continueranno a gravare sulle famiglie. Dall’altro, che alle associazioni e alle cooperative mancheranno le risorse per gestire tali centri al livello precedente, visto che la flessibilità non comporterà la riduzione delle spese fisse, delle utenze e del personale.

“Su questo aspetto – prosegue il presidente Anffas Torino – dobbiamo essere chiari. L’inizio sarà graduale, ma l’obiettivo deve essere quello di ripristinare al cento per cento i servizi attivi prima della pandemia, entro settembre. Non è pensabile sostituire il centro diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie”.

Quanto alla questione economica, servono risorse adeguate perché la riapertura graduale e il rispetto delle norme di sicurezza comporteranno un notevole aumento dei costi, che “non possono ricadere sugli enti erogatori, che sono già ai minimi, né sulle famiglie. Dobbiamo vigilare con attenzione affinché non passi un concetto molto pericoloso: se le famiglie sono state in grado di autogestirsi per questi tre mesi, saranno in grado di autogestirsi anche per i prossimi, fino a stabilizzare la situazione attuale”.

“Tutti argomenti – prosegue D’Errico – che sono emersi e sono stati affrontati nel confronto con la Regione, che concorda con noi sulla necessità di procedere alla sperimentazione, nei prossimi due mesi, di modelli nuovi che siano la base di un nuovo sistema di servizi, e ha ben compreso la necessità di adeguare le risorse, oggi insufficienti, ai nuovi bisogni e modelli”.

La tempistica, visti questi presupposti, non sarà immediata: “Se saremo bravi, ma molto bravi, riapriremo i CDD a metà luglio. Serve l’aiuto di tutti, noi sicuramente non abbasseremo la guardia, continueremo a vigilare e soprattutto a proporre soluzioni concrete”, conclude Giancarlo D’Errico.

Gruppo di bambini in un parco
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Centri estivi, quali possibilità per i ragazzi e le ragazze con disabilità intellettiva? Raccontateci la vostra esperienza

Oggi riaprono i centri estivi, la prima occasione di socialità e condivisione per i bambini e i ragazzi, in attesa di conoscere tempi e modalità di riapertura delle scuole. Ma qualcuno ha pensato ai bambini e ai ragazzi con disabilità intellettiva, che già hanno sofferto in modo particolare (insieme alle loro famiglie) i mesi del lockdown, in cui sono stati abbandonati a sé stessi, senza centri diurni, spesso esclusi dalla didattica a distanza e senza alcun tipo di assistenza domiciliare?

Il periodo di difficoltà gestionali e le incertezze, ancora attualissime, sulle procedure di sicurezza da adottare hanno ritardato – e in molti casi cancellato – l’organizzazione di soggiorni estivi, al mare o in montagna, che tradizionalmente rappresentavano un’importante occasione per le famiglie con figli disabili.

Sul sito della Regione Piemonte, nella sezione “Covid-19, FAQ su organizzazione e gestione dei Centri estivi”, si legge: “L’inserimento nel centro estivo di un minore disabile deve essere valutato con i servizi che seguono il minore; in tal caso, dovrà essere previsto, oltre agli operatori necessari per ciascun gruppo di minori accolti, almeno un operatore ogni minore disabile accolto e dovranno essere valutate con attenzione in riferimento alla condizione di ciascun minore le attività da proporre, mantenendo adeguati livelli di sicurezza”.

Qualche organizzazione di volontariato si sta impegnando per proporre delle soluzioni. È il caso, per esempio, delle associazioni Disincanto e Rubens, nell’ambito di “R-Estate con Noi 2020”, in programma dal 22 giugno al 4 settembre negli spazi e nelle aree verdi della ludoteca Neverland di via San Marino 22/A (il complesso dei Poveri Vecchi): verranno accolti un massimo di 24 bambini dai 6 agli 11 anni di cui 6 con disabilità, ma – viene specificato – è “apprezzato l’affiancamento di affidatari o educatori”. Nell’arco della giornata verranno proposti laboratori strutturati tenuti da volontari e specialisti, tra cui yoga, pet therapy, cucina, laboratori scientifici, attività ludico-creative, attività e giochi all’aperto. La quota di partecipazione è di 50 euro a bambino, pranzo escluso, ma è “garantita la gratuità per tutti i partecipanti con disabilità”.

Cambiando la prospettiva, sul sito del Forum del Volontariato c’è un elenco con le offerte di stage estivi per giovani educatori che vogliano impegnarsi con associazioni che accolgono (anche) ragazzi e ragazze con disabilità intellettiva: in particolare hanno i “disabili” tra i loro ambiti di impegno Vides Main Onlus, con sede operativa in via Luini 195 e via Fiesole 19 a Torino (3489143295, vides.main@gmail.com), Talitakum di Carignano (349/7836652, talitakum.brillante@gmail.com), VIVERE – Associazione Volontari e Famiglie con figli portatori di Handicap onlus, che opera a Chieri, Pino e Santena (011/9471064, info@associazionevivere.org). Le altre associazioni che organizzano centri estivi di impronta sociale sono A.Gio di Grugliasco, Altro Canto, Amici dell’Educatorio della Provvidenza, Associazione Amece, San Matteo Onlus, ASAI – Associazione animazione interculturale, Oratorio San Luigi, Parrocchia San Giuseppe Cafasso, Scuola dell’infanzia della Confraternita della Santissima Annunziata, Terra di Libertà e Un sogno per tutti.

RACCONTATECI LA VOSTRA ESPERIENZA

A proposito dei centri estivi aperti ai ragazzi e alle ragazze con disabilità intellettiva, chiediamo alle famiglie di raccontarci la loro esperienza:

  • dove vi siete trovati bene, avete dei consigli e dei suggerimenti da dare?
  • dove invece vi siete trovati male, e perché?
  • che cosa cercate per questa estate?
  • cosa manca strutturalmente nelle proposte per ragazzi con disabilità intellettiva?
  • la risposta della città alle esigenze delle famiglie, è soddisfacente?

Per rispondere a queste domande e aggiungere tutto quanto può tornare utile alle altre famiglie e anche alla funzione di rappresentanza svolta da Anffas Torino, scriveteci sulla mail segreteria@anffas.torino.it o sulla pagina Facebook “Anffas Torino”. Facciamo sentire la nostra voce.

Locandina convegno Il sostegno alla vita adulta: disabilità e malattie rare e complesse
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Grande successo del convegno on line “Il sostegno alla vita adulta: disabilità, malattie rare e complesse”

14 associazioni coinvolte, sette relatori noti a livello nazionale, più di cento collegamenti in streaming: sono i numeri del meeting on line “Il sostegno alla vita adulta: disabilità, malattie rare e complesse”, promosso e organizzato da Federazione Malattie Rare Infantili e Anffas Onlus Torino: la diretta si è tenuta sabato 9 maggio, il sabato successivo – sempre in tempo reale – i relatori hanno offerto la loro seconda lettura sui temi dell’evento. Il video riassuntivo è disponibile sulla pagina Facebook di Anffas Torino.

Il convegno, patrocinato da Regione Piemonte, Città Metropolitana, Ordine dei Medici di Torino, ha approfondito l’importanza del sostegno alla vita adulta nella disabilità e nelle malattie rare e complesse, per portare la voce delle Associazioni in modo corale e l’attenzione verso un problema emergente e urgente tra le famiglie, la politica e il tessuto sociale.

Sono intervenuti Roberto Lala e Silvana Martino, rispettivamente presidente e vicepresidente FMRI; Mauro Torchio, dirigente medico presso AOU Città della Salute di Torino; Franco Garofalo, direttore di pediatria dell’Ospedale degli Infermi di Rivoli; Laura Brean, pediatra dell’ASLTO3; Giancarlo D’Errico, presidente Anffas Torino; Alessandro Parisi, co-founder Cityfriend e referente nazionale Anffas. Nel confronto tra associazioni e politica, moderato da Roberto Lala, sono stati coinvolti Francesca Frediani (5 Stelle), Silvio Magliano (Moderati), Domenico Ravetti (Partito Democratico) e Alessandro Stecco (presidente IV commissione sanità, politiche per anziani, assistenza sociale).

Tanti e complessi i temi emersi. Visto che, come sottolineato da Pericle Farris, “la pandemia ha fatto emergere chiaramente la trasparenza delle persone con disabilità e l’assenza negli organismi di coordinamento di azioni e scelte operative: un atteggiamento inaccettabile alla luce della modernità e dei riferimenti etici e normativi”. “Nella riprogrammazione dell’assistenza della fase due – domanda Guido Barberis dell’associazione Down – oltre alla riapertura dei centri diurni, ci sarà finalmente più spazio per i progetti personalizzati per le persone con disabilità? Costano meno, le persone vivono meglio, le famiglie sono sollevate”. Per riuscirci, bisogna “aumentare le competenze degli operatori socio-sanitari a supporto delle persone con disabilità adulta e oltre, per dare continuità a quanto si fa per l’età pediatrica fino ai 18-20 anni”.

Sulla stessa lunghezza d’onda una denuncia in arrivo dal pubblico, dalla signora Lucia: “È vero che ci vuole tempo per riorganizzarsi, ma i nostri pazienti con malattie rare non ne hanno! Siamo abbandonati da mesi ormai, senza assistenza domiciliare, senza fisioterapia, senza ambulatori, senza terapie.” Di conseguenza la domanda, da un altro spettatore: “Ormai da due mesi sono state interrotte le terapie specialistiche per bimbi e ragazzi con disabilità, con la conseguente regressione nei pazienti. Si prevede di riuscire ad attivare le terapie, anche a casa, sottoponendo gli operatori a test seriologici?”

A tirare le conclusioni è Giancarlo D’Errico: “Abbiamo scelto di utilizzare un nuovo strumento di confronto e devo dire che è andata molto bene, cento persone collegate per una mattina intera testimoniano che c’è voglia di partecipare. Relatori e pubblico hanno posto domande urgenti, perché è quanto mai necessario un nuovo modello di servizio per le persone con disabilità, mandato in corto circuito dal virus. Non ci siamo persi in ragionamenti fumosi – continua il presidente Anffas Torino – ma siamo andati al sodo. Anche la tavola rotonda con i politici è stata proficua, tutti hanno assunto una posizione positiva: hanno dato la loro disponibilità ad affrontare le problematiche riguardanti disabilità e malattie rare in questo difficile contesto, ma hanno fatto anche delle proposte, perché all’emergenza si può rispondere con una modernizzazione dei servizi che porti i suoi frutti anche dopo l’emergenza stessa”.

Locandina convegno Il sostegno alla vita adulta: disabilità e malattie rare e complesse
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Convegno on line “Il sostegno alla vita adulta: disabilità, malattie rare e complesse”

Si terrà sabato 9 maggio dalle 9 alle 13, in diretta streaming sulla piattaforma GoToMeeting, si terrà l’incontro intitolato “Il sostegno alla vita adulta: disabilità, malattie rare e complesse”, promosso e organizzato da Federazione Malattie Rare Infantili e Anffas Onlus Torino, con la collaborazione di altre 12 associazioni aderenti alla Federazione e patrocinato da Regione Piemonte, Città Metropolitana, Ordine dei Medici di Torino.

Link per partecipare all’incontro: https://global.gotomeeting.com/join/796314461
ID 796-314-461 (da computer, tablet, smartphone)

Si tratta di un seminario di approfondimento sull’importanza del sostegno alla vita adulta nelle malattie e disabilità rare e complesse, per portare la voce delle Associazioni in modo corale e l’attenzione verso un problema emergente e urgente tra le famiglie, la politica e il tessuto sociale.

Tra gli obiettivi, realizzare interventi culturali formativi e informativi rivolti agli esperti sanitari e alle famiglie, rispondere ai bisogni delle persone in ottica transizionale verso il passaggio alla vita adulta, co-progettare e co-programmare i servizi per la riformulazione del sistema assistenziale, costruire progetti individualizzati sulle persone e non solo sulla patologia.

Il dialogo fra relatori e partecipanti sarà consentito dalla piattaforma e mediato dagli organizzatori al fine di garantire il corretto flusso di comunicazione e la chiarezza dei temi trattati.

PROGRAMMA

9.00 Collegamento con relatori e partecipanti

Saluti di apertura

I SESSIONE – “La transizione alla vita adulta nel sistema sanitario e nel territorio”
Moderatore: Dott. Simone Baldovino

9.30 – “Criticità strutturali e organizzative”
Dott. Roberto Lala – Presidente FMRI (Federazione Malattie Rare Infantili)

9.40 – “Emergenza Covid-19 e malattie rare”
Prof.ssa Silvana Martino – Vicepresidente FMRI

Esperienze attive sul territorio

9.50 – “L’ambulatorio Transitional Care dell’Ospedale Molinette di Torino”.
Dott. Mauro Torchio – Dirigente Medico presso AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

10.00 – “Un percorso dell’Ospedale di Rivoli dalla  pediatria all’età adulta”
Franco Garofalo – Direttore presso la S.C. di Pediatria dell’Ospedale degli Infermi di Rivoli
Paola Sderci – assistente sociale ASL TO3

10.10 – “Il progetto Circle Life”
Angelo Faiella – Vice Presidente Anffas Torino APS

10.20 – “Cityfriend”
Alessandro Parisi, Andrea Panattoni, Luisa Pavesi

10.30 – Break

II SESSIONE – Confronto fra Associazioni e Politica: impegno etico e bene comune
moderatore: Dott. Roberto Lala

10.40 – 12.30

Associazioni – un rappresentante per: FMRI, DOWN, ANFFAS, FISH

Politica – Alessandro Stecco, Sara Zambaia, Silvio Magliano, Domenico Ravetti, Luigi Genesio Icardi, Francesca Frediani

12.30 – 13.00 – Conclusioni e termine evento a cura di Giancarlo D’Errico, Presidente Anffas Onlus Torino

Roberto Speziale
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Ricominciare, da dove? Riflessioni e prospettive per una ripresa all’insegna dei diritti umani

RICOMINCIARE, DA DOVE? RIFLESSIONI E PROSPETTIVE PER UNA RIPRESA ALL’INSEGNA DEI DIRITTI UMANI E DELLA QUALITÀ DI VITA PER LE PERSONE CON DISABILITÀ E PER LE LORO FAMIGLIE

Roberto Speziale, Presidente Nazionale Anffas Onlus

Gli ultimi mesi ci hanno, in qualche modo, travolti, mettendo a dura prova le nostre capacità di resistenza, di resilienza, svelando in molti casi impietosamente le grandi fragilità e le grandi diseguaglianze presenti nel nostro sistema ed i loro potenziali effetti, realmente drammatici, sulla vita di noi tutti e in particolare su quella delle persone più vulnerabili, quelle già a maggior rischio di esclusione, segregazione, discriminazione, ancor prima che scoppiasse questa emergenza.

Il virus che ha colpito il mondo intero, costringendoci a rivedere pesantemente tutte le nostre abitudini di vita, sta lasciando in noi, persone con disabilità, famiglie, operatori del settore… pesanti ferite. Ci siamo scontrati con l’indifferenza delle Istituzioni, con la necessità di provvedere, praticamente da soli, a mettere il più possibile al sicuro le persone con disabilità ed i servizi che frequentano ed in cui in molti casi vivono, a supportare la famiglie, nella maggior parte dei casi lasciate completamente sole. A dover ricordare – letteralmente parlando – alle Istituzioni la nostra esistenza.

Ci siamo trovati, nostro malgrado, a doverci stringere attorno alle nostre famiglie in lutto per la perdita dei propri figli. Abbiamo assistito ad atti di vero e proprio “eroismo” da parte di operatori, di famiglie… pronti a fare grandi sacrifici e scelte difficili per tutelare la salute delle persone con disabilità, per metterle il più possibile al riparo da rischi che per loro possono assumere, ancor di più che per il resto della popolazione, tinte drammatiche. Abbiamo quindi anche riscoperto risorse, rimesso a posto priorità, scoperto nuovi modi di fare le cose e soprattutto scoperto la possibilità e la forza di restare vicini, nonostante le distanze fisiche.

L’emergenza che abbiamo vissuto ci ha appunto lasciato ferite profonde ed è probabile che ancora ce ne lasci, poiché siamo consapevoli che non è ancora terminata.

Al tempo stesso, oggi iniziamo a volgere il nostro sguardo al futuro, al domani, quando – non sappiamo ancora con certezza se tra settimane o giorni – le nostre vite gradualmente torneranno alla normalità, o a qualcosa che ci assomiglia, e saremo chiamati a tornare a svolgere le nostre attività fuori casa, a riaprire i servizi per le persone con disabilità, a trovare delle nuove modalità di “convivenza” con questa mutata situazione, almeno fino a che non sarà definitivamente dichiarata conclusa questa emergenza.

Ed è importante, quindi, provare ad interrogarsi su che cosa cambierà, domani.

Da che cosa ripartiremo? Cosa avremo imparato da tutta questa situazione? Quali “lezioni” potremo portare con noi, per rendere migliori le nostre vite e soprattutto per evitare che molte delle cose che ci sono successe si ripetano? A cosa possiamo ancorarci per assicurarci che le nostre vite, domani, siano migliori?

Per quanto riguarda il futuro dei servizi non vi è alcun dubbio che questa emergenza stia facendo risaltare tutte le carenze, i ritardi, gli errori del precedente sistema. Per questo sarebbe clamoroso non fare tesoro di questa, pur terribile, esperienza per ri-pensare il tutto o costruire un “nuovo sistema di welfare”.

Mettere realmente al centro le persone non può che diventare il nuovo imperativo.

È vero, da anni lo proclamiamo, lo richiediamo, più o meno convintamente. Al tempo stesso, oggi abbiamo avuto modo di “toccare con mano” cosa significhi non riuscire a traguardare questo obiettivo. Mettere al centro le persone significa adattare i servizi alle persone e non, come spesso è stato fino ad oggi, le persone ai servizi.

Occorrerà realmente costruire una “rete integrata di servizi” in grado di garantire, ad ogni singola persona, la concreta semplice ed agevole fruizione del proprio diritto ad avere i giusti e necessari sostegni personalizzati. Occorrerà davvero che il progetto individuale di vita, basato sugli obiettivi, interessi ed aspettative espressi dalla persona, divenga il cardine sul quale i fornitori di sostegni professionali, formali ed informali incentrino la propria opera. Allo stesso tempo, occorrerà realmente e con onestà fare i conti con gli esiti di tutto ciò che si mette in campo: sarà l’incidenza, sui diversi domini della qualità di vita delle singole persone, a rappresentare il principale indicatore di processo e di esito per verificare l’efficacia dei sostegni progettati ed erogati.

È probabilmente arrivato il momento affinché l’intero contesto e l’intera collettività predispongano e pongano in essere una autentica “rivoluzione copernicana” atta a garantire ad ogni singolo cittadino con disabilità pari opportunità rispetto alla generalità dei cittadini senza disabilità.

La partecipazione e l’inclusione sociale dovranno essere gli obiettivi da perseguire. L’esclusione, la segregazione, la discriminazione dovranno essere le condizioni da contrastare da tutti ed in tutti i modi. I diritti civili, umani e sociali dovranno rappresentare i paradigmi di riferimento nel pensare ed attuare politiche attive in favore delle persone con disabilità. Lo stigma sociale, i pregiudizi e la negazione dei diritti dovranno essere i nemici da combattere in tutti i modi ed in tutte le sedi.

La piena e concreta esigibilità dei diritti dovrà essere posta a base di una necessaria opera di semplificazione normativa a partire dal sistema di riconoscimento della condizione di disabilità. La valutazione multidimensionale e multiprofessionale dovrà accompagnare verso una rapida transizione dal superato modello pietistico/assistenziale/medico verso il modello biopsicosociale e basato sui diritti umani.

Occorrerà superare l’attuale diaspora tra il sistema sanitario-socio/sanitario-sociale-educativo e lavorativo, in favore di un nuovo sistema nel quale la persona viene considerata in una visione “olistica” dove a prescindere dal suo “funzionamento” le vengono garantiti, distinti per qualità, intensità e quantità i giusti e necessari sostegni in tutte le età ed in tutte le stagioni della vita. In tale contesto, analoga attenzione andrà posta nei confronti dei familiari e del caregiver che, a loro volta, vanno adeguatamente sostenuti ed aiutati.

L’autoderminazione e l’autorappresentanza dovranno essere considerati dei diritti individuali inviolabili
e garantiti nella massima misura possibile.

Le persone con disabilità non dovranno più essere considerate come pesi per la società, ma come risorse.

Per fare ciò occorrerà che già a partire dal percorso scolastico le stesse siamo inserite in un percorso formativo che abbia come sbocco, a medio periodo, il mercato del lavoro in attività produttive.

Inoltre si dovrà rivedere il sistema delle indennità e delle provvidenze per far sì che ogni persona con disabilità abbia una propria autonomia economica sufficiente a garantire una vita dignitosa ed indipendente il più possibile autodeterminata ed autogestita.

A tutte le persone con disabilità e non autosufficienti andranno, infine, sempre garantiti il rispetto della dignità intrinseca ed estrinseca ed il diritto a considerare il valore della propria vita al pari di tutta la restante popolazione umana.

Occorrerà contrastare ogni firma di marginalizzazione sociale.

Occorrerà che in tutti i contesti in cui la persona vive (in famiglia o in soluzioni alloggiative extra familiari) non si creino situazioni segreganti ed istituzionalizzanti.

In buona sostanza, occorrerà dare concreta attuazione a quanto previsto dal Secondo Programma Biennale di Azione del Governo. Ma bisogna farlo come grande progetto di cambiamento culturale di approccio alla disabilità ed alla non autosufficienza adeguandoci ai paradigmi della Convenzione ONU ed agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del pianeta e non come ennesimo atto formale o semplicemente estetico, che – come abbiamo visto – non è in grado di produrre i cambiamenti che sono necessari.

Tutto questo noi lo sapevamo già. Al tempo stesso abbiamo avuto modo di sperimentare proprio in queste settimane quanto ancora sia fragile questo paradigma e quali effetti, nefasti, possa produrre.

Abbiamo avuto modo di sperimentare sulla nostra pelle come serpeggi ancora, anche nei livelli istituzionali, un modello pronto a mettere rapidamente da parte dignità, diritti, perfino salute e sicurezza delle persone con disabilità, come se vi fosse alla base la convinzione che le loro vite, nel caso in cui occorre dare delle priorità, abbiano meno valore o siano più facilmente sacrificabili.

E non siamo più disposti a permettere che accada. A nessuno. Mai più.

Roberto Speziale
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28 marzo 2020, Giornata nazionale della disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo: insieme anche se distanti

Oggi, 28 marzo 2020, è il compleanno di Anffas, che compie 62 anni, e anche la XIII Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva e Disturbi del Neurosviluppo: un appuntamento importante per Anffas Tutta e per le migliaia di persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, e loro famiglie, in tutta Italia.

Oggi, però, per la prima volta nei suoi 62 anni di vita, Anffas si troverà nell’impossibilità di festeggiare il proprio compleanno a causa dell’emergenza Coronavirus.

La consueta formula dell’“Open Day – porte aperte all’inclusione sociale”, collegata al compleanno di Anffas ed alla connessa Giornata nazionale di sensibilizzazione sui temi legati alle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e loro familiari, si scontra, inevitabilmente, con le restrizioni connesse all’emergenza stessa e diviene anche quasi del tutto impraticabile la prevista campagna di sostegno da parte delle rete Rai che comunque ringraziamo per la disponibilità e per quanto sono comunque riusciti a fare nella situazione
data.

Anche in questo complesso e difficile momento, però, Anffas non vuole rinunciare a far arrivare un pensiero di affetto e vicinanza a tutte le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, ai loro familiari – che siano o meno associati ad Anffas – e a tutti gli operatori che, con impegno e dedizione, se ne prendono cura e carico.

Anffas, inoltre, cogliendo questa occasione, vuole anche rivolgersi alle Istituzioni ed alla collettività tutta facendo un accorato appello affinché vi sia la giusta e necessaria attenzione per le nostre persone e per le nostre famiglie e per gli operatori che stanno vivendo, in questi giorni, ulteriori ed inenarrabili disagi, spesso senza ricevere adeguati sostegni, servizi e dispositivi di sicurezza, con grave rischio per la loro salute e per la stessa sopravvivenza.

Noi da soli non possiamo farcela e non vorremmo che alla fine di tutta questa grave situazione a non avercela fatta fossero, in gran parte, proprio le nostre persone e le nostre famiglie. Non lasciateci soli! Nessuno deve restare indietro! Solo in questo modo il prossimo 28 marzo 2021 potremo ritornare, tutti, a festeggiare. Le persone con disabilità, i loro familiari, gli operatori, Anffas tutta ve ne sono già da oggi eternamente grati.

Roberto Speziale
Presidente Nazionale Anffas